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Capo Zafferano, la traversata

Mongerbino, placido promontorio sul mare di Aspra, storico paradiso balneare della aristocrazia palermitana e uno dei primi luoghi dove, come su fertile terreno, crebbe vigoroso l’alpinismo siciliano, tra qui ed i monti di Calamigna. Un alpinismo però che profuma di mare, terra bruciata dal sole e fichi d’india maturi: l’alpinismo “di noi altri”.

Proprio secondo questo alpinismo “nostrano” e paradossale, che unisce in sé la verticalità all’orizzonte blu del Tirreno, sul calcare compatto di Capo Zafferano la via storica e più frequentata non sale su in vetta1.

Infatti, oltre l’antico sentiero di salita alla cima, tra decine di vie verticali (dal IV al VI grado, storiche e moderne) che solcano le pareti di questo dente di roccia proteso sul mare, la traversata è la via in assoluto più praticata. Sviluppandosi a pochi metri sull’acqua, lungo l’intero perimetro del promontorio, la traversata è l’itinerario che regala di Capo Zafferano una esperienza unica in ogni stagione, estate compresa. Cosi, costumi da bagno addosso, con uno sparuto e variegato gruppo di amici la settimana scorsa è stata ripetuta questa insolita arrampicata.

Relazione sinottica

Preparazione per la calata dal grande arco di roccia. @ Roberto Giammalva, 2017
Preparazione per la calata dal grande arco di roccia.

Dal panorama di Cala dell’Osta e delle “Tre Piscine”, seppur con le difficoltà date dalla edificazione, si rintraccia l’arco di roccia puntando alle pareti sotto la cima. Questo è stato creato dal crollo di una volta di roccia nel vuoto creato dal mare. Saliti all’arco, si raggiunge la sosta armata per la calata da 25 metri. Dal fondo dell’antro creato per il crollo si raggiunge una facile rampa a NE e poi inizia il traverso per cenge concatenate, lungo 200 metri. Protezioni su clessidre di roccia e spuntoni. Tempo di percorrenza 2h circa dalla calata.

Le informazioni sull’avvicinamento, la storia e la relazione tecnica della via sono reperibili sulle guide storiche dell’alpinismo in Sicilia 12. Ai loro autori lascio l’onore di guidare l’alpinista nella scoperta del traverso di Capo Zafferano. Mi ritornano in mente due righe di Gogna, che lentamente accompagnano l’immaginazione lì mentre si alza il sipario sulla sulla scena:

Il mare continua a ruggire sulle scogliere, le rocce seguitano a strapiombare sulle profondità marine… Il luogo è abbastanza sinistro, specialmente se il mare furoreggia in basso: si è in una gola che rimbomba.2

La calata

La vicinanza del mare e le forti correnti ventose a cui il promontorio è sottoposto hanno messo a dura prova nel tempo anche l’acciaio più resistente. I chiodi da fessura, lì fermi e tenaci ma ormai corrosi dal loro stesso ossido, sono relegati al ruolo di testimoni storici. Così, accanto alla storica calata ormai arrugginita è possibile vedere le soste e le protezioni che nel tempo sono state aggiunte.

Oggi la nuova calata è attrezzata in corrispondenza dell’originale, poco più in alto, su due fix ad espansione, posizionati in parallelo nel calcare compatto. Da una clessidra poco più a sinistra origina una corda fissa che rende sicuro l’avvicinamento al bordo dell’arco di roccia.

Il nuovo ancoraggio attrezzato per la calata. In basso a destra l'ancoraggio storico. @ Roberto Giammalva, 2017
Il nuovo ancoraggio attrezzato per la calata. In basso a destra l’ancoraggio storico.

Il traverso di Capo Zafferano

Lo sguardo curioso dei gitanti in barca durante a pochi metri dalla scogliera ha accompagnato la nostra arrampicata. Il traverso e stato condotto quando ormai l’aria regalava le prime note della frescura serale. Con due tiri interi di corda da 70m è stato percorso gran parte del traverso. Superata la paretina iniziale, il traverso si sviluppa concatenando piccole cenge pochi metri sull’acqua. Ai tratti finali e meno esposti è stato lasciato il brivido della progressione in conserva e poi dell’arrampicata libera.

Il faro

Abbandonata la corda che ormai era il tramonto, gli ultimi metri di arrampicata a vista del faro sono stati percorsi in libera, sempre più freschi e sempre più vicini all’acqua. Poi è stata la volta delle onde, della risacca del mare e degli scogli a tratti umidi e a tratti ruvidi, per i quali abbiamo raggiunto il faro un salto dopo l’altro.

Tolta di dosso la ferraglia rumorosa, restava solo un agognato quanto meritato bagno, alla luce del faro e delle prime barche di pescatori che ormai al crepuscolo cominciavano la loro battuta di pesca. Sullo sfondo, in lontananza, il quadro era magicamente incorniciato dal lontano profilo rosa delle Madonie, imponente sul Golfo di Palermo.

La ricompensa finale; le Madonie sullo sfondo del Golfo di Palermo. @ Roberto Giammalva, 2017
La ricompensa finale; le Madonie sullo sfondo del Golfo di Palermo.
 in copertina: "Roccia calma di levante"3

1.
Maurici G, Scuderi R Manfrè. Sicilia. Club Alpino Italiano – Touring Club Italiano; 2001.
2.
Gogna A. Mezzogiorno Di Pietra. Zanichelli; 1982.
3.
Giammalva R. Roccia calma di levante. 500px. https://500px.com/photo/232037281/roccia-calma-di-levante-by-roberto-giammalva. Published October 16, 2017.
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