Premi "Invio" per passare al contenuto

Organizzare l’avventura (pt. 3/3)

Sapere rinunciare

Un viaggio, per quanto bello esso sia, acquista colori più caldi e vividi quando può essere rivissuto nei ricordi di chi lo racconta. Non finisce al raggiungimento della meta né al ritorno a casa, ma continua ad essere vissuto quando lo si racconta nelle serate tra amici e si arricchisce così di emozioni sempre nuove. Affinché tutto questo si realizzi è necessario partire, ma soprattutto è essenziale tornare per poterlo raccontare!

Una giornata iniziata storta, una sveglia con una grinta inferiore a quanto ci saremmo aspettati la sera prima, il meteo incerto o i tempi tirati e un po’ impiccati, l’attrezzatura difettosa1, il compagno che ci bidona, la pizza indigesta, il cucciolo che sta male, il moroso nervoso, la moglie agitata, il capo che assilla, il telefono che squilla, il marito geloso, la gomma forata, il bimbo che strilla, l’appuntamento al rientro, il ritardo per strada (ansia?) e mille altri imprevisti più o meno imprevedibili dovrebbero essere un buon motivo per chiedersi se sia davvero il caso di andare o se forse questa volta non sia meglio restare2.

Ho sempre sostenuto che nell’approccio alla nostra avventura non bisogna essere fatalisti né pessimisti ma intrepidi e non spavaldi, furbi ma non scaltri, dotati di una grinta intelligente ed una riflessiva impulsività.
Perché in fondo è sì bello partire ma, per certi versi, è ancora più bello tornare.

Tornare

Appunto. In fondo per l’avventura si parte per mille motivi, ma soprattutto si parte per tornare. Mi piace ricordarmi sempre che quando sono in cima sono solo a metà strada. Questo è il proemio di ogni partenza.

Spendere tutte le energie per arrivare alla meta significa non avere più riserve per tornare giù. Incaponirsi quando le condizioni mutano e l’ambiente diventa ostile, continuando la nostra attività oltre il limite, quando il rischio diventa pericolo e la nostra comfort zone è solo un angosciato e malinconico ricordo lontano equivale a trasformare un’avventura possibile in una disavventura assicurata. Forse è il momento di fermarsi e fare retro-front, per questa volta.

Forse il nostro orgoglio torna a casa ferito, ma torna a casa insieme al grande bagaglio della nostra esperienza. E’ questa la più grande conquista, ciò che ci accresce e arricchisce nella cornice di una umile e profonda consapevolezza. Non bisogna sentirsi umiliati da una saggia ritirata o da uno strategico cambio di programma. Tutti possono raccontare un’avventura andata bene, ma sono pochi quelli che possono raccontare una disavventura da cui sono scampati. A questi ultimi va la mia stima.

Poter raccontare

La montagna non si studia, ma comunque si impara. Di questo essa stessa è maestra, insieme a chi ci ha preceduto. Questi, avendo vissuto prima di noi una esperienza sulla propria pelle, può raccontarci l’accaduto.

Poter raccontare significa essere tornati, questo è già il traguardo più grande. Questo vale sia se si è raggiunta la meta sia se siamo stati costretti a tornare sui nostri passi.

Ma poter raccontare significa anche poter dar voce ad un avventura (ricordate le serate tra amici di qualche riga più su?), poter continuare a viverla anche se siamo rientrati nella nostra comfort zone, al caldo del camino.

Raccontare significa poter regalare un’emozione, poter dare una informazione o suscitare una curiosità. E quella emozione non sarà mai quella che voi avete vissuto sulla vostra pelle, statene certi. I luoghi sono sempre gli stessi, ma nessuno potrà derubarvi di ciò che avete vissuto e delle emozioni che avete provato.

Raccontare significa fornire anche un punto di partenza per la nuova avventura del vostro amico ancora col boccale di birra pieno perché troppo preso dal vostro racconto.

In tal senso il racconto diventa un testimone che tornerà presto sui vostri passi con le gambe di chi vi ascolta , in quei luoghi da voi vissuti e verso altri sempre nuovi. Così nuove emozioni nasceranno e grazie ai vostri amici vi torneranno indietro come boomerang, amplificate e pronte ad animare in voi ancora tante altre avventure, da poter nuovamente raccontare ancora una volta ai vostri amici, mentre ci si asciuga la schiuma della birra dai baffi.
Adesso immaginate voi il resto.

Post scriptum:
durante il proofreading di questa pagina la mia mente va a “Lello”, il mio amico Calogero, e alla sua avventura che attualmente lo sta impegnando nelle remote province della Cina del sud. A lui ed alle sue conquiste dedico questa ultima parte del mio articolo.

 

Leggi anche:

Organizzare l’avventura (pt. 1/3)
Organizzare l’avventura (pt. 2/3)

 in copertina: "Polvere di neve nera"3

Riferimenti

1.
Giammalva R. Organizzare l’avventura (pt. 1/3) . I racconti del tempo verticale. https://www.tempoverticale.com/organizzare-avventura-1/. Published May 25, 2017.
2.
Giammalva R. Organizzare l’avventura (pt. 2/3). I racconti del tempo verticale. https://www.tempoverticale.com/organizzare-avventura-2/. Published June 14, 2017.
3.
Giammalva R. Polvere di neve nera. 500px. https://500px.com/photo/218308123/polvere-di-neve-nera-by-roberto-giammalva. Published July 2, 2017.

Roberto Giammalva

M.D.
Italy
Neurochirurgo, ricercatore in neuroscienze e neuroncologia, alpinista e fotografo. Trascorre le sue giornate costantemente diviso tra l'amore per la ricerca, la medicina e la tensione interiore dell'infinito sconfinato delle vette, avventura dopo avventura.
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Mostra
Nascondi